PERCHE' NASCERE, PERCHE' ESISTERE, PERCHE' MORIRE: UN ESEMPIO DI AUTENTICHE VITE!...sulle orme di San Vincenzo Ferreri

20.12.2013 12:00

La biografia di alcune figure della storia che hanno dato una impronta indelebile alla cristianità per l'autentica fede, il martirio, l'eroicità, l'esemplarità al punto tale da riconoscerli oggi Santi e Beati dalla Chiesa universale. Ricerca a cura di Stefania Formicola

 

 

Vincenzo Ferreri nacque il 23 gennaio 1350 a Valenza, in Spagna, da don Guglielmo Ferreri e da donna Costanza Miguel. Fu chiamato Vincenzo in onore di San Vincenzo Martire.
Manifestò subito una forte propensione per la preghiera e la mortificazione. Dotato di straordinaria intelligenza, compì rapidamente e con grande profitto gli studi. A diciotto anni decise di abbracciare la vita religiosa e scelse l'ordine dei Domenicani, detti frati predicatori, per realizzare al meglio il suo ideale apostolico: predicare la parola di Dio in ogni angolo della terra.
Entrò a far parte dell'ordine il 6 febbraio 1368 e indossò l'abito che lo ritrae nelle immagini più conosciute: tonaca e scapolare bianchi, cappa e cappuccio neri. Proseguì gli studi presso la casa di formazione del suo ordine a Barcellona, e poi a Lerida e a Tolosa, e dal 1385 insegnò teologia a Valencia.
Due mesi dopo il suo ritorno definitivo da Avignone a Roma, papa Gregorio XI muore nel marzo 1378. E nell’Urbe tumultuante ("Vogliamo un papa romano, o almeno italiano"), i cardinali, in maggioranza francesi, eleggono il napoletano Bartolomeo Prignano (Urbano VI). Ma questi si scontra subito con i suoi elettori, e la crisi porta a un controconclave in settembre, nel quale gli stessi cardinali fanno Papa un altro: Roberto di Ginevra (Clemente VII) che tornerà ad Avignone. Così comincia lo scisma d’Occidente, che durerà 39 anni. La Chiesa è spaccata, i regni d’Europa stanno chi con Urbano e chi con Clemente. Sono divisi anche i futuri santi: Caterina da Siena (che ha scritto ai cardinali: "Oh, come siete matti!") è col Papa di Roma. E l’aragonese Vincenzo Ferrer (chiamato anche Ferreri in Italia) sta con quello di Avignone, al quale ha aderito il suo re. Vincenzo è un dotto frate domenicano, insegnante di teologia e filosofia a Lérida e a Valencia, autore poi di un trattato di vita spirituale ammiratissimo nel suo Ordine. Nei primi anni dello scisma lo vediamo collaboratore del cardinale aragonese Pedro de Luna, che è il braccio destro del Papa di Avignone, e che addirittura nel 1394 gli succede, diventando Benedetto XIII, vero Papa per gli uni, antipapa per gli altri. E si prende anche come confessore Vincenzo Ferrer, che diventa uno dei più autorevoli personaggi del mondo avignonese.

 Nel 1395, dopo la visione in sogno di Gesù Cristo accompagnato da una schiera di Angeli improntò la sua predicazione sulla dottrina che riguarda il destino umano: cioè la morte, il giudizio individuale e quello universale. Attività questa che gli guadagnò il nome di angelo dell'apocalisse.
Nel settembre del 1398, durante l’assedio di Carlo VI di Francia (che non aveva riconosciuto l’elezione di Benedetto XIII) ad Avignone, Vincenzo Ferreri cadde malato: secondo una leggenda appartenente alla tradizione devozionale, sarebbe stato guarito miracolosamente da Gesù e dai santi Francesco e Domenico, che lo inviarono nel mondo a predicare, invitando i peccatori a convertirsi in attesa dell’imminente giudizio universale.
Si impegnò soprattutto per comporre lo scisma d'occidente, dapprima tentando una mediazione tra Gregorio XII e Benedetto XIII, poi cercando di convincere Benedetto a rinunciare alla tiara e, di fronte al suo rifiuto, cercando di sottrargli l’obbedienza della Spagna. L'occasione gli si presentò nel 1412 quando, morto senza eredi Martino I di Aragona, fu tra i giudici incaricati di stabilire la successione al trono (compromesso di Caspe): il trono venne assegnato al candidato sostenuto da Vincenzo, Ferdinando I di Aragona (il "Giusto"), che nel Concilio di Costanza si batté per la fine dello scisma e riconobbe l’elezione al soglio pontificio di Martino V Colonna, mettendo fine ad ogni pretesa di Benedetto XIII.
Trascorse la sua vita passando di terra in terra, predicando nelle piazze, nelle Chiese e nei campi davanti a plebei, semplici, nobili e scienziati e ricorrendo a miracoli per convertire i peccatori, salvare dai pericoli, risuscitare i morti, comandare la natura e guarire gli ammalati. Fu uno dei restauratori dell’unità, ma non solo dai vertici. Anzi, Spagna, Savoia, Delfinato, Bretagna, Piemonte lo ricorderanno a lungo come vigoroso predicatore in chiese e piazze. Mentre le gerarchie si combattevano, lui manteneva l’unità tra i fedeli. Vent’anni di predicazione, milioni di ascoltatori raggiunti dalla sua parola viva, che mescolava il sermone alla battuta, l’invettiva contro la rapacità laica ed ecclesiastica e l’aneddoto divertente, la descrizione di usanze singolari conosciute nel suo viaggiare. E non mancavano, nelle prediche sul Giudizio Universale, i tremendi annunci di castighi, con momenti di fortissima tensione emotiva, ottenendo, grazie alla sua abilità oratoria, al tono apocalittico dei suoi sermoni e alla fama di taumaturgo, numerose conversioni (soprattutto di musulmani ed ebrei). Andò camminando e predicando così per una ventina d’anni, e la morte non poteva che coglierlo in viaggio.
Morì, infatti, all'età di settanta anni, il 5 aprile 1419, a Vannes, in Bretagna (Francia), nella cui Cattedrale sono conservate alcune reliquie. Altre reliquie furono portate a Valenza, città in cui era nato. Papa Callisto III, suo compatriota, celebrò la cerimonia della sua canonizzazione il 3 giugno 1455, nella chiesa domenicana di Roma di Santa Maria sopra Minerva; il suo culto fu confermato da papa Pio II che, con bolla del 1458, fissò per la sua festa la data del 5 aprile, mentre l'Ordine Domenicano lo ricorda il 5 maggio.