PRO-VOCAZIONI: LA SPERANZA nell' Angoscia a cura di Stefania Formicola * Pubblicazione sulla Rivista "Spiritus Domini" Anno 98 MARZO/APRILE 2025*
Rubrica Spirituale che intende “provocare” ogni “vocazione”: a vantaggio (PRO) della Chiesa e per scoprire le (VOCAZIONI) nella Chiesa.
“ Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Romani 8:35)
- E’ questa la PRO-vocazione di Gesù: Sperare!
- E’ questa la pro-VOCAZIONE nel Discepolo: Amare
La speranza cristiana in rapporto all’angoscia è un tema di grande rilevanza soprattutto in un’epoca caratterizzata da molte incertezze e preoccupazioni. La parola «angoscia» deriva dal latino anguis, che significa «stretto», cui è connesso il verbo angere, «stringere». Il latino angustia significa letteralmente “passaggio stretto” e in senso figurato “difficoltà”. L’angoscia è uno stato di malessere fisico e morale caratterizzato da senso di minaccia incombente privo di cause riconoscibili e di possibilità di rimedio. Essa si distingue sia dalla paura giustificata perché prodotta dalla consapevolezza di un pericolo determinato e oggettivo, sia dall’ansia, legata a rappresentazioni mentali e a fantasie ossessive. L’angoscia, quindi, è un’emozione profonda e complessa che può manifestarsi in diverse forme: timore per il futuro, senso di impotenza, solitudine, senso di colpa… È, inoltre, un›esperienza umana universale che può colpire chiunque indipendentemente dalla propria fede, dallo stato sociale, dalle esperienze di vita, dalla cultura… Da alcune ricerche particolarmente interessanti, pare ci siano delle tesi psicoanalitiche secondo cui “l’emozione dell’angoscia è generata già nel neonato col trauma della sua stessa nascita, la quale comporta la separazione dalla madre dopo una prima originaria simbiosi. Di qui l’esperienza dell’abbandono, reale o simbolico, l’assenza di amore, di sicurezza e protezione sono all’origine di sofferenza, insicurezza e ostilità verso l’ambiente sociale”. L’angoscia rientra in uno stato di sofferenza psichica intensa che può essere caratterizzata da stati mentali e depressivi con conseguenti sintomatologie/malesseri fisici. Se è pur vero che spesso essa è associata al concetto di ansia, per quanto ci siano delle affinità oggettive, il senso di angoscia può differenziarsi per il grado molto più intenso e grave di sofferenza soggettiva. L’angoscia sperimentata a livello emotivo finisce per risultare paralizzante, sovente provocata da un senso di vuoto esistenziale. Il concetto di angoscia esistenziale, ovvero quella condizione psichica dolorosa prolungata nel tempo, è stato affrontato da grandi pensatori come Kierkegaard, Heidegger e Sartre. Kierkegaard considerava l’angoscia come parte essenziale della condizione umana, legata alla libertà e alla possibilità di fare scelte. Per lui, l’angoscia nasce dalla consapevolezza del potere individuale di autodeterminazione e dalle responsabilità che ne derivano. Heidegger la definiva come un’esperienza esistenziale in cui ci si confronta con il nulla e la mancanza di certezze nel mondo. Sartre riteneva che l’essere umano è radicalmente libero, privo di un’essenza predeterminata o di valori oggettivi che guidano le sue scelte. Questa libertà assoluta è allo stesso tempo una condanna, famosa è la frase “l’uomo è condannato a essere libero”. L’angoscia sorge quando si diventa pienamente consapevoli di questa libertà e della responsabilità che ne deriva: ogni scelta definisce chi siamo e, indirettamente, contribuisce a costruire un’immagine dell’umanità intera. È il peso delle conseguenze di questa libertà che genera angoscia. Per Sartre, quindi, l’angoscia non è un fallimento o un’anomalia ma una condizione inevitabile e fondamentale della vita umana. È il prezzo della libertà e, allo stesso tempo, un invito ad assumersi la responsabilità di sé stessi e a vivere in modo autentico. Questi filosofi si sono occupati dell’angoscia sperimentata dall’uomo che si confronta con la sua esistenza come mera possibilità e con il suo smarrimento di fronte l’indeterminatezza ed incertezza dell’esistenza stessa. A questo sono legati i temi dell’annientamento e della morte, della libertà e della solitudine. È il senso stesso racchiuso anche nel Testo Sacro sul perché nascere, perché vivere, perché morire e di cui Gesù nell’orto degli ulivi fece diretta esperienza allorquando disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura ed angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate» (Mc 14,32-34). La speranza cristiana, radicata sulla fiducia in Dio e sulla promessa nella vita eterna, offre un potente antidoto all’angoscia. Essa non è semplice ottimismo ma è lo slancio dell’anima che si eleva e supera tutto. Tant’è che, in riferimento al passo precedente preso ad esempio, Gesù concluderà poi la sua preghiera dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Mc 14,36). Solo questa speranza può aiutare ad affrontare l’angoscia perché si è alla costante presenza del Signore soprattutto nei momenti più bui, tristi e difficili. Tale consapevolezza dona un senso di coraggio, sicurezza e protezione. Inoltre la bibbia insegna che l’angoscia può avere un significato profondo, un’opportunità di crescita spirituale e personale per mezzo non solo della preghiera e dell’affidamento in Dio ma per mezzo del mutuo aiuto da attingere anche dal prossimo. Riconoscere l’angoscia è il primo passo per accettarla; negarla o reprimerla non fa che peggiorare la situazione entrando in un circolo vizioso col rischio di restarne intrappolati cronicamente. Di qui, essa andrà coltivata giorno dopo giorno per mezzo della gratitudine, concentrandosi cioè sugli aspetti positivi della vita che orientano a mantenere una prospettiva diversa che ne rafforza e ne sana il sé interiore. Prospettiva che farà comprendere su quanto la povertà non rende miseri, quanto le guerre non distruggono la pace del cuore, quanto le ingiustizie non condannano i giusti, quanto le lacrime sgorgate da cuori contriti non cadranno in stagni ripugnanti ma in sorgenti d’acqua viva, quanto il futuro è nel qui ed ora e non in un tempo sconosciuto o in un vago altrove…, e su quanto le tante situazioni impossibili possono trovare risposte per soluzioni possibili!