PRO-VOCAZIONI *DAI LORO FRUTTI LI RICONOSCERETE (Benevolenza, Mitezza, Fedeltà) a cura di Stefania Formicola (Pubblicazione sulla Rivista "Spiritus Domini" Anno 96 SETTEMBRE/OTTOBRE 2023)

01.09.2023 16:32

Rubrica Spirituale che intende “provocare” ogni “vocazione”: a vantaggio (PRO) della Chiesa e per scoprire le (VOCAZIONI) nella Chiesa.

<<Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.>> (Mt. 7,17-18)                                    

  •  E’ questa la PRO-vocazione di Gesù: produrre!

  •  E’ questa la pro-VOCAZIONE nel Discepolo: fruttificare!

 

È stato in precedenza già chiarito ed affrontato il frutto della Bontà così che, iniziare ora a parlare di Benevolenza, fa porre a primo acchito il dubbio se qui venga ribadito lo stesso concetto così che i due termini abbiano tra di loro un aspetto comune o siano solo dei sinonimi. “Benevolenza”, invece, è termine che deriva dal greco “krestotes” (κρεστοτες) con radice “krestos” che significa “utile”, “adatto”. Se in generale essa è intesa come affabilità e gentilezza, la Benevolenza - frutto dello Spirito Santo - ha un’accezione differente ovvero non si pone solo in contrasto lessicale ma essenzialmente lo trascende, lo supera, lo evolve in qualcosa di utile, di vantaggioso, di realizzabile in vista di un bene maggiore. È una visione benevola della vita per cui, di fronte anche alle cose negative, si tende - per grazia dell’azione dello Spirito Santo - a percepirne, intuirne una finalità buona, positiva precisando però che tale “bontà/positività” non riflette affatto l’ ”agathosùne” o “agape” ma rispecchia l’“efficacia” che dà senso a ciò che istintivamente e naturalmente contrasta e contrista. Un pò è come quel detto che indica “non tutti i mali vengono per nuocere», da confondere neppure con l’ottimismo ed auspicio che “tutto è ben quel che finisce bene” ma “che tutto concorre in vista di un bene maggiore”: salvezza dell’uomo operata da Dio per trarne dal male il bene stesso e dunque la Benevolenza. Tendenzialmente si è indotti, il più delle volte, ad essere rudi, malvagi, egoisti, vendicativi…atteggiamenti che cozzano con lo Spirito Santo per mezzo di un’altra forza, quella della Mitezza. Il termine ebraico “anàw” significa “povertà, pochezza, umiltà” che, naturalmente ed istintivamente induce - per chi si trova in tale stato - a sentirsi arrabbiati, frustrati, privati e con atteggiamenti tali da rivendicare i propri diritti poiché avvertire offesa, indegnità, sottomissione produce reazioni alquanto agitate e provocatorie. Quindi ci si domanda: Che cosa significa essere miti: forse remissivi? Codardi? Deboli? Timidi? Timorosi? Senza spina dorsale, senza carattere? No! E’ piuttosto un’attitudine divina che richiede molto coraggio, forza, audacia, combattimento spirituale, spiccata personalità ed identità nell’essere autentici cristiani ovvero davvero di Cristo “Imparando da Lui che è mite ed umile di cuore» perché si difenda più ciò che si è e non ciò che si ha o si vorrebbe avere. Il mite non è un arreso ed un perdente ma combatte e vince per i beni eterni che alcuno potrà mai sottrargli benché gli giovino alla conquista in ciò che crede, spera ed anela per una battaglia interiore fatta di verità e giustizia da difendere a tutti i costi, in alcuni casi finanche con la docilità del martirio. Accordarsi alla volontà di Dio significa esserGli fedele in tutto, dalle piccole fino alle grandi cose perché “chi è fedele nel poco lo sarà anche nel molto”. Per riconoscere la fedeltà, come azione dello Spirito Santo, è sufficiente indurre una persona alla tentazione, trasgressione od al tradimento dei doni ricevuti in germe per sondarne la fertilità o sterilità dei terreni atti a fruttificare o meno questi doni che, insieme anche alla modestia, continenza e castità - frutti che verranno raccolti nella prossima ed ultima cesta, concluderanno il ciclo di PROVOCAZIONI proposto qui quest’anno.