LA SPERANZA nella Fame e Nudità a cura di Stefania Formicola * Pubblicazione sulla Rivista "Spiritus Domini" Anno 98 LUGLIO/AGOSTO 2025*

20.07.2025 19:09

Rubrica Spirituale che intende “provocare” ogni “vocazione”: a vantaggio (PRO) della Chiesa e per scoprire le (VOCAZIONI) nella Chiesa. 

“ Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Romani 8:35) 
 

  •     E’ questa la PRO-vocazione di Gesù: Sperare! 
  •     E’ questa la pro-VOCAZIONE nel Discepolo: Amare
 
 
Nell’anno giubilare questa rubrica traccerà un percorso al fine di rispondere alla domanda esigente sul grande Amore di Dio che supera 
tutto in tutti. 

La Sacra Scrittura è ricca di riferimenti sulla sofferenza umana legata anche ai bisogni primari e necessari come la fame e la nudità. Dal latino classico “fames, famis” che corrisponde al desiderio intenso di nutrimento ed a "nudĭtas, nudĭtātis" che corrisponde all’essere privato di copertura, si pone in evidenza sul come i bisogni essenziali ed esistenziali - quelli che garantiscono la sopravvivenza e la dignità umana - spesso sono oltraggiati al punto limite che diventano finanche un atto di speranza per ottenerli. Ciò perché l’organismo ha bisogno di cibo e di acqua per funzionare bene così come del vestiario per coprire le membra del proprio corpo e difendersi da freddo o caldo. Eppure alcune persone ne sono private ingiustamente, conseguenza delle guerre e delle disuguaglianze sociali o delle risorse naturali necessarie. Dalle privazioni biologiche si sfocia poi a quelle culturali e psicologiche come lo è la vergogna, la paura del giudizio, l’esclusione, l’ abbandono, il sentirsi “scoperti” nell’identità personale, spogliati dei diritti umanitari. Aver nulla di nulla e sentirsi nessuno! 

Non è casuale il fatto che esistano enormi quantità di ricchezze in cibo, acqua, risorse, ma allo stesso tempo ci sono milioni di persone che vivono nella fame, nella sete e nella nudità, perché non si tratta di destino avverso ma di scelte politiche, economiche e culturali discriminanti per logiche di profitto e non di giustizia. Ciò equivale a dire che le risorse vengono prodotte, vendute e distribuite in base alla capacità di pagare e non al bisogno reale; che il cibo viene sprecato o distrutto se non è vendibile a un certo prezzo e non salvaguardato per sfamare tanta se non tutta la gente del mondo; che l’acqua viene privatizzata, venduta come bene di lusso o sfruttata da industrie e non come fonte zampillante che la vita stessa dona a tutti. In questo senso ne va da sé che non si “sottrae” direttamente ma si “nega” l’accesso attraverso meccanismi che rendono impossibile ai poveri ottenere ciò che è essenziale e spettante per diritto. Attualissimo il pensiero filosofico e morale di Gandhi che sintetizzò tale verità in questa semplice espressione:“Il mondo è abbastanza grande per soddisfare i bisogni di tutti, ma troppo piccolo per l’avidità di pochi”. E’ la disuguaglianza strutturale il risultato di secoli di colonialismo, sfruttamento e globalizzazione mal gestita.

Le domande sorgono spontanee alla mente: ma come si può pensare e pretendere di appropriarsi dei beni del creato e manipolarli a proprio piacimento? Come si può in coscienza reggere lo sguardo affamato ed assetato dei poveri, finanche bambini, che gridano pane ed agognano acqua senza ottenerne una briciola né una goccia? Come si può infangare la dignità altrui per ottenerne di più in onore e rispetto per se stessi imbellettandosi e mangiando a sazietà su tavole imbandite con cibi succulenti e inebrianti bevande? …

Se è vero che Gesù sentenziò in quel “..."I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me."(Giovanni 12,8) dava concreta  risposta alla critica fatta da Giuda Iscariota, il quale lamentava sullo spreco di un unguento costoso usato da Maria di Betania per ungere i piedi di Gesù ed al suggerimento (da chi era pure un ladro) che il denaro speso poteva essere donato ai poveri…Quando Gesù, infatti, preannuncia la costante presenza dei poveri, non sta affermando che la povertà è giusta o inevitabile come se fosse un destino imposto da Dio. Sta facendo una osservazione realistica della condizione umana ed, al contempo, una provocazione morale e spirituale. Non consiglia la rassegnazione ma la solidarietà: se i poveri ci sono sempre, sempre ci sarà l’obbligo morale di prendersi cura di ciascuno di loro. Il contesto oltretutto in cui Gesù pronuncia questa frase è altrettanto importante: sta per morire! Ciò a dire che occorre cogliere il tempo opportuno quando cioè si è ancora in tempo, in vita appunto dacché ci sono momenti in cui la carità non aspetta troppo a lungo, non va affatto rimandata, neppure troppo ragionata perchè la carità sa che l’indigente ha l’unico diritto di morire in un sol momento!

Fame e nudità sono, dunque, molto più che bisogni fisiologici: sono condizioni che ricordano la fragilità umana e proprio per questo, è da riconoscerla per poi rispondere ai bisogni di chi ne è derubato quale parte integrante di ciò che, alla fin fine, coinvolge e spetta a tutti. Diventare solidali, compassionevoli e responsabili come comunità e come fratelli in quell’Unico Dio, in Colui cioè che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli dei campi, è monito imperativo che chiama in causa l’umanità intera a misurare quei bicchieri d’acqua per dissetare la sete ed a tendere le mani di pane per sfamare bocche.Occorre obbligatoriamente che le coscienze di quanti sono avidi di potere e sazi di vizi, si nutrino alla mensa ed alla fonte della Parola che è spirito e vita, quella che dona fede e carità autentica. Solo in Essa si riesce a far tendere le pesanti braccia verso chi è nel bisogno estremo di vivere o anche soltanto sopravvivere. L’invito di Gesù è quello di riconoscere e soddisfare non solo i bisogni fisici ma anche quelli spirituali e morali, promuovendo la via della giustizia trasmessaci in alcuni passi della Scrittura: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete."(Giovanni 6,35) ; "Chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna." (Giovanni 4,14) ; "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati." (Matteo 5,6) ; "Ero nudo e mi avete vestito... In verità vi dico: ogni volta che lo avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me." (Matteo 25,36.40)